Le questioni poste da questo esperimento sono :
1) La meccanica quantistica stabilisce soltanto in modo probabilistico il punto in cui ogni particella colpirà lo schermo e identifica le zone chiare e le zone scure come quelle per cui la probabilità di essere colpite da una particella è, rispettivamente, alta oppure bassa; non è in grado di prevedere in modo esatto dove un determinato corpuscolo andrà a colpire.
2) Cosa succede alle particelle nel percorso che dalla sorgente le porta allo schermo? Ogni particella è descritta da una funzione d'onda non localizzata: sembrerebbe che essa interagisca con entrambe le fenditure, ma se la si considera come puntiforme non può che attraversarne una sola.Nella logica classica il principio di non-contraddizione afferma la falsità di ogni proposizione implicante che una certa proposizione A e la sua negazione, cioè la proposizione non-A, siano entrambe vere allo stesso tempo e nello stesso modo. Secondo le parole di Aristotele : "E impossibile che il medesimo attributo nel medesimo tempo appartenga e non appartenga al medesimo oggetto e sotto il medesimo riguardo".
Ebbene, la doppia natura corpuscolare - ondulatoria di particelle elementari quali il fotone (e l’elettrone che si comporta in maniera analoga), suggerita dalle evidenze sperimentali, è in contrasto con il suddetto principio.
Molti fisici hanno sottoscritto l'«interpretazione di ordine zero» della meccanica quantistica, riassunta nel famoso detto: «Zitto e calcola!», solitamente (ma forse incorrettamente) attribuito a Feynman.
L'interpretazione di Copenaghen si pone di fronte a tali questioni nel modo seguente:
1. Le affermazioni probabilistiche della meccanica quantistica sono irriducibili, nel senso che non riflettono la nostra conoscenza limitata di qualche variabile nascosta. Nella fisica classica, si ricorre alla probabilità anche se il processo è deterministico (per esempio il lancio di un dado), in modo da sopperire a una nostra conoscenza incompleta dei dati iniziali Per contro, l'interpretazione di Copenaghen sostiene che in meccanica quantistica i risultati delle misurazioni di variabili coniugate sono fondamentalmente non deterministici, ossia che anche conoscendo tutti i dati iniziali è impossibile prevedere il risultato di un singolo esperimento, poiché l'esperimento stesso influenza il risultato.
2. Sono prive di senso domande come: «Dov'era la particella prima che ne misurassi la posizione?», in quanto la meccanica quantistica studia esclusivamente quantità osservabili, ottenibili mediante processi di misurazione. L'atto della misurazione causa il «collasso della funzione d'onda», nel senso che quest'ultima è costretta dal processo di misurazione ad assumere i valori di uno a caso dei possibili stati permessi
Molti fisici e filosofi hanno mosso obiezioni all'interpretazione di Copenaghen e le celebri frasi di Albert Einstein: «Dio non gioca a dadi con l’Universo» e «credi davvero che la Luna non sia lì se non la guardi?» ne sono una esemplificazione.
La completezza della meccanica quantistica è stata attaccata dall'esperimento mentale Einstein - Podolsky - Rosen, inteso a mostrare che devono esistere alcune variabili nascoste, se si vogliono evitare effetti a distanza istantanei e non locali.
Negli spettri di assorbimento atomici si osservano sdoppiamenti delle righe spettrali che, in "singoletti", si dispongono simmetricamente rispetto alla riga centrale. Nel modello atomico di Bohr la condizione per cui un elettrone muovendosi attorno al nucleo atomico lungo la sua orbita non emetta energia è che il valore del momento angolare sia un multiplo intero della grandezza h/2π (quantizzazione del momento angolare). In pratica un atomo puo’ passare dallo stato fondamentale a uno stato “eccitato” solo assorbendo una determinata quantità di energia tale da portare un elettrone periferico a percorrere un’orbita esterna piu’ ampia il cui raggio r, detta m la massa dell’elettrone e v la sua velocità tangenziale, sia tale che mvr = nh/2π, con n numero intero. A sua volta, diseccitandosi, l’atomo restituirà la stessa quantita’ di energia precedentemente assorbita e, cioe’ E = nhv. Di qui i caratteristici spettri atomici di assorbimento e/o di emissione a righe. A ciascuna riga corrisponde una determinata frequenza v e, quindi, un certo quanto di energia hv.
I “quanti” potevano essere assorbiti o emessi solo in pacchetti definiti dalla quantità nhv dove, appunto, n doveva essere un numero intero che fu definito numero quantico principale. Grazie all’uso di strumenti ottici ad alto potere risolutivo si noto’ successivamente, che in realtà le suddette righe erano, a loro volta, costituite da righe “discrete” il che suggeri’ che gli elettroni oltre che orbite circolari come quelle previste da Bohr, potessero seguire anche orbite ellittiche in numero pari a e, detto numero quantico secondario. Osservazioni di ulteriori sdoppiamenti delle righe spettrale in “singoletti” che, in numero dispari, si disponevano attorno alla riga centrale, suggerirono che, considerando l'orbita ellittica di un elettrone attorno al nucleo alla stregua di una spira piana percorsa da una carica elettrica, questo effetto poteva essere attribuito alla variazione di inclinazione della spira, come si osservava a seguito dell'interazione con un campo magnetico esterno e, quindi, il terzo numero quantico fu definito numero quantico magnetico. Infine, sempre a causa di altri sdoppiamenti osservati fu introdotto il numero quantico di “spin” che definiva il verso di rotazione di ciascun elettrone attorno proprio asse e, quindi, il relativo momento magnetico angolare (o di spin) +1/2 e -1/2, secondo la “regola del cavatappi”, anch'esso influenzabile da un campo magnetico esterno.
Nelle configurazioni stabili gli spin degli elettroni di uno stesso orbitale devono essere uguali e opposti per il principio di esclusione di Pauli.
Il paradosso di Einstein-Podolsky-Rosen (paradosso EPR) è un esperimento mentale che dimostra come una misura eseguita su una parte di un sistema quantistico possa propagare istantaneamente un effetto sul risultato di un'altra misura, eseguita successivamente su un’altra parte dello stesso sistema, indipendentemente dalla distanza che separa le due parti
Questo effetto, noto come entanglement quantistico e derivante dalla interpretazione di Copenhagen della meccanica quantistica, venne considerato paradossale in quanto, oltre che controintuitivo, ritenuto incompatibile con un postulato della relatività ristretta (che considera la velocità della luce la velocità limite alla quale può viaggiare un qualunque tipo d'informazione) e, più in generale, con il principio di località.
Si deve a David Bohm, nel 1951, una riformulazione del paradosso in termini più facilmente verificabili sperimentalmente
Il paradosso EPR descrive un effetto fisico che, come accennato, ha aspetti paradossali nel senso seguente: se in un sistema quantistico ipotizziamo alcune deboli e generali condizioni come realismo, località e completezza, ritenute ragionevolmente vere per qualunque teoria che descriva la realtà fisica senza contraddire la relatività, giungiamo ad una contraddizione. Tuttavia è da notare che "di per sé" la meccanica quantistica non è intrinsecamente contraddittoria, né risulta in contrasto con la relatività
Benché proposto originariamente per mettere in luce l'incompletezza della meccanica quantistica, ulteriori sviluppi teorici e sperimentali seguiti all'articolo originale (come il teorema di Bell e l'esperimento sulla correlazione quantistica di Aspect) hanno portato una gran parte dei fisici a considerare il paradosso EPR solo un illustre esempio di come la meccanica quantistica contrasti in modo stridente con le esperienze quotidiane del mondo macroscopico (per quanto la questione non sia assolutamente chiusa) .
Considereremo la versione semplificata dell'esperimento ideale di EPR formulata da David Bohm.
Si supponga di avere una sorgente che emette coppie di elettroni, uno dei quali viene inviato alla destinazione A, dove c'è un'osservatrice di nome Alice, e l'altro viene inviato alla destinazione B, dove c'è un osservatore di nome Bob. Secondo la meccanica quantistica, possiamo sistemare la sorgente in modo che ciascuna coppia di elettroni emessi occupi uno stato quantistico detto singoletto di spin. Questo si può descrivere come sovrapposizione quantistica di due stati, indicati con I e II. Nello stato I, l'elettrone A ha spin parallelo all'asse z (+z) e l'elettrone B ha spin antiparallelo all'asse z (-z). Nello stato II, l'elettrone A ha spin -z e l'elettrone B ha spin +z. È quindi impossibile associare ad uno dei due elettroni nel singoletto di spin uno stato di spin definito: gli elettroni sono quindi detti entangled, cioè intrecciati.
Riproposizione dell'esperimento suggerito da Einstein, Podolsky e Rosen, eseguito con elettroni.Una sorgente invia elettroni verso due osservatori, Alice (a sinistra) e Bob (a destra), i quali sono in grado di eseguire misure della proiezione dello spin degli elettroni lungo un asse.
Alice misura lo spin lungo l'asse ottenendo uno dei due possibili risultati: +z o -z. Supponiamo che ottenga +z; secondo la meccanica quantistica la funzione d'onda che descrive lo stato di singoletto dei due elettroni collassa nello stato I (le diverse interpretazioni della meccanica quantistica dicono questo in diversi modi, ma il risultato alla fine è lo stesso) e tale stato quantistico determina le probabilità dei risultati di qualunque altra misura fatta sul sistema. In questo caso, se Bob successivamente misurasse lo spin lungo l'asse z, otterrebbe -z con una probabilità del 100%. Analogamente, se Alice misurasse -z, Bob otterrebbe +z, sempre con una probabilità del 100% . In meccanica quantistica, la proiezione dello spin lungo x e quella lungo z sono quantità osservabili tra loro incompatibili, per cui gli operatori associati non commutano, cioè uno stato quantistico non può possedere valori definiti per entrambe le variabili (principio di indeterminazione). Supponiamo che Alice misuri lo spin lungo z e ottenga +z, in modo che il sistema collassi nello stato I. Ora, invece di misurare lo spin lungo z, Bob misura lo spin lungo x : secondo la meccanica quantistica, c'è il 50% di probabilità che egli ottenga +x e il 50% di probabilità che ottenga -x. Inoltre, è impossibile predire quale sarà il risultato fino a quando Bob non esegue la misura. È bene sottolineare che, benché si sia usato lo spin come esempio, si possono considerare molte altre quantità fisiche (osservabili), tra loro entangled. L'articolo originale di EPR, per esempio, usava l'impulso come quantità osservabile. Gli esperimenti odierni usano spesso la polarizzazione dei fotoni, perché più facile da preparare e quindi misurare.
Supponiamo che Alice decida di misurare lo spin lungo z (lo chiameremo z-spin). Dopo che Alice esegue la misura, lo z-spin dell'elettrone di Bob è noto, quindi è un elemento fisico di realtà. Analogamente, se Alice decidesse di misurare lo spin lungo x, l'x-spin di Bob sarebbe un elemento fisico di realtà dopo la sua misura
Uno stato quantistico non può possedere contemporaneamente un valore definito per lo x-spin e lo z-spin . Se la meccanica quantistica è una teoria fisica completa nel senso dato sopra, l'x-spin e lo z-spin non possono essere elementi fisici di realtà allo stesso tempo. Questo significa che la decisione di Alice di eseguire la misura lungo l'asse x o lungo l'asse z ha un effetto istantaneo sugli elementi fisici di realtà nel luogo in cui si trova Bob ad operare con le sue misure. Tuttavia, questa è una violazione del principio di località o principio di separazione.
Il principio di località afferma che i processi fisici non possono avere effetto immediato su elementi fisici di realtà in un altro luogo separato da quello in cui avvengono. A prima vista questa appare un'assunzione ragionevole (infatti a livello macroscopico lo è), in quanto conseguenza della relatività speciale, la quale afferma che le informazioni non si possono mai trasmettere a una velocità maggiore di quella della luce senza violare la causalità. Generalmente si crede che ogni teoria che violi la causalità sia anche internamente inconsistente, e quindi del tutto insoddisfacente
Tuttavia il principio di località si richiama fortemente all'intuizione fisica di livello macroscopico, e Einstein, Podolsky e Rosen non volevano abbandonarlo. Einstein derise le predizioni della meccanica quantistica come "spaventosa azione a distanza". La conclusione che trassero fu che la meccanica quantistica non è una teoria completa.
Esistono parecchi possibili modi per risolvere il paradosso. Quello ipotizzato da EPR è che la meccanica quantistica, nonostante il successo in una ampia e vasta varietà di scenari sperimentali, sia in realtà una teoria incompleta. In altre parole esisterebbe qualche teoria della natura ancora non scoperta, rispetto alla quale la meccanica quantistica gioca il ruolo di approssimazione statistica. Questa teoria più completa conterrebbe variabili che tengono conto di tutti gli "elementi fisici di realtà" e che danno origine agli effetti che la meccanica quantistica è in grado di predire solo a livello probabilistico. Una teoria con tali caratteristiche prende il nome di teoria delle variabili nascoste.
Per illustrare questa idea si può formulare una teoria delle variabili nascoste molto semplice, che spieghi i risultati dell'esperimento descritto sopra.
Si supponga che gli stati quantistici di spin di singoletto emessi dalla sorgente siano in realtà descrizioni approssimate dei "veri" stati fisici che possiedono valori definiti per lo z-spin e per l' x-spin. In questi stati "veri", l'elettrone che va verso Bob ha sempre valori di spin opposti rispetto all'elettrone che va verso Alice, ma tali valori sono completamente random (casuali). Per esempio, la prima coppia emessa dalla sorgente può essere "(+z, -x) verso Alice e (-z, +x) verso Bob", la coppia successiva "(-z, -x) verso Alice e (+z, +x) verso Bob" e così via. Per ciò, se l'asse della misura di Bob è allineato con quello di Alice, egli otterrà necessariamente l'opposto di qualunque cosa ottenga Alice; altrimenti egli otterrà "+" e "-" con eguale probabilità.
Ipotizzando di restringere le misure solo all'asse z e all'asse x, tale teoria delle variabili nascoste è sperimentalmente indistinguibile dalla teoria della meccanica quantistica.
In realtà c'è ovviamente un numero infinito (numerabile) di assi lungo i quali Alice e Bob possono eseguire le rispettive misure; questo significa che, in teoria, si potrebbe considerare un numero infinito di variabili nascoste indipendenti. Tuttavia, si deve tener presente che questa è una formulazione molto semplicistica di una teoria delle variabili nascoste e una teoria più sofisticata sarebbe in grado di risolvere il problema a livello matematico.
Ci sarebbe un’altra obiezione da fare : una volta emessi e, quindi, svincolati dalla struttura atomica di cui facevano parte, gli elettroni del singoletto sono ancora vincolati ad obbedire al principio di esclusione ?La risposta è affermativa in quanto la funzione d'onda che descrive lo stato quantistico del singoletto è unica ed è stazionaria, cioe' non dipende dal tempo, ma solo dallo spazio e "collassa" istantaneamente in una soluzione nel momento in cui Alice o Bob effettuano la misurazione, indipendentemente dal luogo in cui si trova ciascuno dei due elettroni costituenti il singoletto "entangled" dell'atomo da cui i due elettroni sono stati "strappati". Dopo che Alice effettua la sua misurazione e Bob ricava la misurazione correlata ciascun elettrone diventa indipendente dall'altro con una nuova funzione d'onda associata. Nel 1964, John Bell ha mostrato come le predizioni della meccanica quantistica nell'esperimento pensato da EPR siano in realtà leggermente differenti dalle predizioni di una classe molto vasta di teorie delle variabili nascoste. Grosso modo, la meccanica quantistica predice correlazioni statistiche molto più forti tra i risultati di misure eseguite su differenti assi di quanto non facciano le teorie delle variabili nascoste. Queste differenze, espresse adoperando relazioni di disuguaglianza note come disuguaglianze di Bell, sono dal punto di vista di principio individuabili sperimentalmente.
In seguito alla pubblicazione dell'articolo di Bell, cominciarono ad essere approntati tutta una serie di esperimenti per saggiare le disuguaglianze di Bell (come detto sopra, questi esperimenti in generale trattano con misure di polarizzazione di fotoni). Tutti gli esperimenti condotti finora hanno indicato un comportamento in linea con le predizioni della meccanica quantistica standard.
Attualmente la maggior parte dei fisici ritiene che la meccanica quantistica sia corretta e che il paradosso EPR sia appunto solo un "paradosso" per il fatto che le intuizioni classiche (di livello macroscopico) non corrispondano alla realtà. Si possono trarre da ciò parecchie diverse conclusioni, che dipendono da quale interpretazione della meccanica quantistica si usi. Nella vecchia interpretazione di Copenhagen, prodotta da Niels Bohr, Werner Karl Heisenberg, Pascual Jordan e Max Born, si conclude che il principio di località (o di separazione) non debba valere e che avvenga effettivamente il collasso della funzione d'onda istantaneo. Nell'interpretazione a molti-universi, di Hugh Everett III, la località è mantenuta e gli effetti delle misure sorgono dal suddividersi e ramificarsi delle "storie" o linee d'universo degli osservatori
Forse quello del “zitto e calcola” è l’unico approccio possibile alla comprensione della MQ, se non altro per cercare di verificare la tenuta dei modelli teorici alla mole di dati che ci si aspetta, ad es, dai risultati di esperimenti quali quelli in corso di svolgimento al CERN (LHC). C’è il rischio, pero’, che questa navigazione “a vista” conduca erroneamente a identificare modelli matematici e realtà fisiche aumentando, cosi’, lo “spread” tra forma e sostanza che, a mio parere, costituisce l’anello debole di quella catena logica che dovrebbe guidare il percorso della Conoscenza.
Questa notizia
RispondiEliminahttp://www.ansa.it/web/notizie/specializzati/scienza/2011/09/22/visualizza_new.html_700126424.html
sta mettendo in subbuglio tutta la comunità scientifica.
Eppure le evidenze degli esperimenti "entanglement" (ma anche solo il buon senso e la logica) dimostrano che ostinarsi a considerare il tempo una grandezza fisica è forse il piu' grande errore della fisica teorica...
Ciao Marius,
RispondiEliminadevo ammettere che anch'io non sono riuscito a mantenere la tua freddezza!
Se ammettiamo che i neutrini hanno massa la notizia è di quelle che fanno fare un balzo. Aspettiamo naturalmente conferma ma 60 ns corrispondono ad una distanza di 1798 cm di distacco tra un neutrino e un fotone per ogni secondo. Oltre al fatto che la massa doveva tendere a infinito al raggiungimento di "c".
Forse sarà solo da rivedere la descrizione del neutrino... ma se non fosse così ne vedremo delle belle. Altro che bosone di Higgs...
E si Gaetano....Pensa che nella teoria delle stringhe/M brane i tachioni avrebbero dovuto avere massa a riposo immaginaria che elevata al quadrato è negativa...Ma dico io si puo'...?
RispondiEliminaRoger Penrose l'ha sviscerato bene il rapporto tra fisica e matematica. Sicuramente non tutta la matematica può avere una corrispondenza con un fenomeno fisico, mentre un fenomeno fisico può sempre(?) essere rappresentato con formule. Sarebbe comunque interessante sapere tutte le specifiche dell'esperimento:
RispondiElimina- la creazione dei neutrini al Cern
- come vengono riconosciuti sotto il gran sasso
- come viene misurata la distanza
- come si tiene conto della velocità della luce considerando che ormai è stata codificata come costante e potrebbe essere aggiornata.
Ciao
Detto e fatto Gaetano.
RispondiEliminahttp://www.borborigmi.org/
Impagabile!
RispondiEliminaGrazie :-)